Abstract

È ormai prassi corrente etichettare molte vicende di cronaca nera con il nome del luogo in cui sono accadute: fatto emblematico di quella stupita incredulità che nasce dalla scoperta che il male alligna anche nei piccoli centri. Dire "il caso di…" Novi Ligure, Cogne, Garlasco, Perugia, Erba ecc., significa esprimere una sorta di paradosso, di ossimoro che scaturisce dall’avvicinare il ritratto del tranquillo, piccolo e ricco centro urbano al delitto tanto efferato di cui è stato teatro. Di maggior sollievo, per la comunità, sarebbe poter pensare che quel male le sia estraneo, che venga da un altrove lontano. I media intercettano prontamente l’ansia, l’angoscia, la paura che percorrono tutta la nostra società per incanalarle in direzione di più "rassicuranti" bersagli: la colpa è dello straniero, di Azouz Marzouk. Il caso di Erba, in cui sono state barbaramente uccise quattro persone, si trasforma in qualcosa di più di un fatto di cronaca nera: viene reinterpretato dai media, spettacolarizzato, investito di implicazioni politiche, etiche capaci di suscitare sentimenti forti, spesso negativi come l’odio-terrore rispetto allo straniero e l’emergenza sicurezza. L’autrice analizza un corpus di articoli, pubblicati da quattro quotidiani ("la Repubblica", "Corriere della Sera", "l’Unità" e “il Giornale"), focalizzando la sua attenzione sulla strategia retorica e discorsiva con cui ciascuno costruisce la stessa notizia in funzione di una propria "sensibilità" e di una propria particolare visione della società.

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Carocci editore

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